Un blitz durato più di 8 ore per acquisire documenti e deposizioni necessarie a far luce sulla spinosa vicenda della linea C della metropolitana. Martedì scorso la Guardia di Finanza è entrata nella sede di Roma Metropolitane, dove oltre a portar vita le copie originali di diversi atti, i militari hanno anche interrogato a lungo il presidente della municipalizzata, Massimo Palombi, e il direttore generale, Luigi Napoli. Un’operazione, quella delle Fiamme Gialle, portata avanti su ordine del sostituto procuratore generale della Corte dei Conti, Paolo Crea.
L’indagine fa riferimento ad un’inchiesta aperta nel corso del 2014 dalla magistratura contabile sui maggiori costi riconosciuti da Roma Capitale a Metro C scpa, il consorzio d’imprese che si sta occupando di realizzare la terza linea della metro. Scorrendo la lista dei documenti sequestrati e leggendo il verbale delle dichiarazioni rilasciate dal presidente Palombi, i magistrati sembrerebbero essersi concentrati sulle presunte irregolarità, denunciate a più riprese anche dal Collegio sindacale della società comunale, che riguarderebbero l’atto transattivo del dicembre 2012 e, soprattutto, l’atto attuativo del 9 settembre 2013, del valore complessivo di quasi 300 milioni di euro. Entrambi gli accordi furono firmati nel settembre scorso da Roma Metropolitane e Metro C scpa e controfirmato da Roma Capitale, dalla Regione Lazio e dal Ministero dei Trasporti. Attraverso questi atti, il Campidoglio si rese di fatto disponibile al pagamento dei maggiori costi (3,75%) richiesti dal Consorzio, nonostante gli oltre 3,5 miliardi di euro già spesi per la realizzazione parziale della linea. Parliamo, come detto, di circa 300 milioni di euro di fondi Cipe, di cui 230 milioni relativi al contenzioso aperto nel 2011 e ulteriori 70 milioni contenuti nell’accordo del settembre scorso.
I militari hanno acquisito, tra l’altro, non solo gli atti e le fatture a loro collegate, ma anche la delibere della Giunta capitolina del 13 novembre 2013 con cui si ordinò il pagamento. Via libera che fu dato il successivo 29 novembre dal Capo della Ragioneria Generale, Maurizio Salvi, al termine di una lunghissima battaglia politica fra l’assessore alla Mobilità, Guido Improta, e l’allora assessore al Bilancio, Daniela Morgante, quest’ultima assolutamente contraria al pagamento. Battaglia che terminò con il sindaco Ignazio Marino che si incaricò personalmente di esautorare la Morgante spostando le responsabilità sul titolare ai Trasporti.
Nel cd consegnato ai finanzieri, anche il lodo definitivo del 16 dicembre 2013, l’atto di transazione con la presa d’atto da parte del Cipe e la determinazione dirigenziale di Roma Metropolitane del 15 gennaio che ha permesso il passaggio materiale dei soldi nelle casse del Consorzio Metro C, insieme a tutte le fatture di pagamento. «A tutt’oggi - ha dichiarato i presidente Palombi ai militari che lo hanno interrogato - a fronte dell’Atto Attuativo è stato corrisposto al Contraente Generale unicamente l’importo complessivo di euro 211.976.157 di cui alla fattura emessa da Metro C 170/2013. Rispetto a tale fattura residua, il pagamento della quota di competenza della Regione Lazio pari ed euro 12.334.687 non ancora accreditata da parte di Roma Capitale. Nessun pagamento è intervenuto a fronte delle fatture n. 8/2014 (ovvero 4.017.886 euro, ndr) e 15/2014 (1.784.929 euro, ndr)». Già a novembre, il procuratore regionale della Corte dei Conti, Raffaele De Dominicis, aveva annunciato l’apertura di tre inchieste sulla Metro C, dai ritardi nella realizzazione delle opere, ai rischi archeologici attorno al Colosseo fino alla regolarità delle varianti. Questo blitz, però, sarebbe collegato ad un ulteriore filone.
Vincenzo Bisbiglia
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